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Il futuro delle missioni su Venere.

Battiamo il ferro finché è caldo, quindi penso che dopo la scoperta della fosfina sarà essenziale predisporre osservazioni ripetute delle nubi di Venere, per capire come le concentrazioni di fosfina mutino nel tempo.

Però nessuna delle possibili missioni ipotizzate finora sembra attrezzata per questo. Tutte le missioni che la NASA aveva ipotizzato a questo scopo sono state sorpassate in priorità da missioni robotiche verso asteroidi, satelliti e Marte, ma l’agenzia spaziale americana sta comunque investendo su due veicoli spaziali, DAVINCI+ e VERITAS

La prima missione dovrebbe esplorare l’atmosfera venusiana per comprenderne l’evoluzione, la seconda ha l’obiettivo di mappare con precisione la superficie e di studiare la geodinamica interna che ha modellato il pianeta.

Se anche dovesse essere finanziata, VERITAS rimarrebbe nell’orbita di Venere; DAVINCI+ entrerebbe in atmosfera, ma troppo rapidamente per analizzare la composizione della fascia di nubi in cui è presente la fosfina, a circa 50 km di quota. Nessuna delle due proposte di missione è comunque al momento stata confermata. Noi però dobbiamo andare tra le nuvole e restarci per un po’ di tempo. Per esplorare l’alta atmosfera di Venere occorrerebbe rispolverare i concept di aerostati in grado di resistere per un po’ tra le nubi del pianeta, come quelli della missione con equipaggio HAVOC (High Altitude Venus Operational Concept), un progetto visionario (nell’immagine) e improbabile che la NASA ha in archivio e che definisce “non più attivo”.

Qui possiamo vedere una animazione di tutta la missione:

NASA: https://youtu.be/0az7DEwG68A

Un pallone sonda capace di analizzare le biomolecole dell’atmosfera di Venere è anche una delle componenti della Venus Flagship mission, una proposta di studio a lungo termine di Venere, del suo clima, della sua attività geologica e della sua atmosfera, che si avvarrebbe di più elementi (orbiter, lander, aerostati) e che anche se approvata non si concretizzerebbe prima del decennio 2030.

https://vfm.jpl.nasa.gov/Gallery2/

Vedremo cosa intende fare la comunità scientifica e soprattutto quante risorse verranno dedicate per avere una risposta a questa domanda: c’è vita elementare nell’atmosfera di Venere?

Commentato da Luigi Borghi.

Eccovi l’articolo che vi propongo:

Elicotteri e sottomarini nello spazio!

L’uomo, si sa, è un esploratore di terra, di mare e dell’aria, e questa nostra passione e predisposizione l’abbiamo applicata abbondantemente qui sul nostro pianeta.

Ma mezzo secolo fa abbiamo cominciato ad espandere le nostre virtù anche sulla Luna con un’auto elettrica per consentire ai nostri astronauti della missione Apollo di ampliare il loro orizzonte di esplorazione sul nostro satellite.

Ora che ci abbiamo preso gusto ad esplorare il suolo pensiamo all’aria: abbiamo in viaggio verso Marte un elicottero, Ingenuity, appeso alla pancia di un Rover di una tonnellata: Perseverance.

Ma non ci fermiamo, perché adesso stiamo pensando ai mari.

Purtroppo, i mari disponibili fuori dalla Terra, a parte quelli della Luna che non hanno nulla a che fare con i fluidi, sono tutti ghiacciati in superfice. Con spessori di ghiaccio anche di qualche km.

Quindi inviare una nave, o forse meglio una piccola barca, è fuori discussione.

Ma c’è un posto, molto lontano, dove i mari liquidi ci sono, insieme ai fiumi alla pioggia e tutto il resto: è Titano, il satellite gigante di Saturno. Moti ondosi ed increspature fanno luccicare (Sun glitter) il Kraken Mare su Titano. Ne è stato testimone lo spettrometro Visual and Infrared Mapping Spectrometer (VIMS) a bordo della gloriosa sonda della NASA Cassini, che ha navigato nel sistema di Saturno dal 2004 al 2017. 

Fonte e credit aliveuniverse.today

I liquidi dei mari in questione non sono a base di acqua ma di idrocarburi! Ci sono comunque bacini di centinaia di km quadrati di mare profondo un centinaio di metri.

Quindi ci inviamo una barca?

No! Ci mandiamo direttamente un sottomarino, così andiamo a vedere direttamente cosa c’è sotto. Un piccolo sottomarino, ma ad energia nucleare. Già, perché i pannelli solari ad un centinaio di metri sotto, anche se è metano liquido, non funzionano e la sotto abbiamo bisogno di energia per mesi.

Gli RTG al Plutonio, già usati sulla Cassini, su Curiosity e sull’attuale Perseverance vanno benissimo. Ci sono anche altre caratteristiche favorevoli per un sub su Titano.

  1. La forza di gravità, quindi anche la pressione sullo scafo, vale il 14% di quella terrestre a parità di profondità.
  2. Il liquido in cui navigherebbe il piccolo sottomarino è molto piu fluido e trasparente dell’acqua.
  3. Non è uno schermo per le onde radio.

Dobbiamo aspettare ancora qualche decennio ma il progetto comincia a prendere forma… e finanziamenti.

Commentato da Luigi Borghi.

Ecco la traduzione della fonte da Space.comhttps://www.space.com/saturn-moon-titan-submarine-concept-mission.html

Un sottomarino automatico potrebbe esplorare i mari di Titano, la grande luna di Saturno.

Il sottomarino potrebbe essere pronto per il lancio nel 2030.

I ricercatori hanno proposto l’invio di un sottomarino per esplorare l’enorme luna di Saturno ei suoi mari gelidi di metano ed etano.

I ricercatori hanno ideato una missione concettuale che prevede l’invio di un sottomarino su Titano, l’enorme luna di Saturno, che sfoggia laghi e mari di idrocarburi liquidi sulla sua gelida superficie.

Tale missione, se approvata e finanziata dalla NASA, potrebbe essere pronta per il lancio nel 2030, potenzialmente spianando la strada per un’esplorazione sottomarina ancora più ambiziosa lungo la strada, hanno detto gli sviluppatori del concetto.

Correlata di Foto incredibili: Titano, la luna più grande di Saturno

Il mese scorso, durante una presentazione con il gruppo di lavoro Future In-Space Operations dell’agenzia, Steven Oleson, del Glenn Research Center della NASA in Ohio, ha detto “Riteniamo che il sottomarino Titan sia una specie di primo passo prima di andare poi a fare una missione secondaria Europa o Encelado”.

Europa ed Encelado, rispettivamente lune di Giove e Saturno, ospitano enormi oceani di acqua liquida. Ma questi due corpi idrici sono sepolti sotto gusci di chilometri di ghiaccio e sarebbero quindi più difficili rispetto a far scendere un sottomarino nei mari superficiali di Titano.

Fotografia di Cassini della zona interessata (credit NASA)

Un mondo strano e potenzialmente abitabile

Con una larghezza di 5.150 chilometri, Titano è la seconda luna più grande del sistema solare. L’unico più grande è Ganimede di Giove, che batte Titano di soli 120 km.

Ma la dimensione non è tutto ciò che rende Titano speciale. Ad esempio, la luna gigante è l’unico mondo oltre la Terra conosciuto per ospitare corpi stabili di liquido sulla sua superficie – quei mari e laghi di metano liquido ed etano, alcuni dei quali sono più grandi dei Grandi Laghi del Nord America.

Inoltre, la spessa atmosfera di Titano ospita probabilmente una chimica complessa che coinvolge molecole organiche, gli elementi costitutivi della vita come la conosciamo che contengono carbonio. Di conseguenza, molti astrobiologi visualizzano Titano come una promettente dimora potenziale per la vita, suggerendo che gli organismi nativi potrebbero volare nell’aria della luna o nuotare nei suoi laghi e mari.

Quei nuotatori sarebbero molto diversi da tutto ciò che esiste qui sulla Terra, dato che si darebbero da vivere in metano liquido o etano piuttosto che in acqua. La superficie di Titano è troppo fredda perché l’acqua rimanga liquida, ma gli scienziati pensano che la luna ospiti un mare salato nel sottosuolo, come Encelado, Europa e un certo numero di altri corpi del sistema solare.

È quindi possibile che Titano ospiti due ecosistemi completamente diversi e separati- un mondo di superficie di “strana vita” che convive con un regno di organismi più familiari (per noi, comunque) dipendenti dall’acqua.

Esplorare i mari degli idrocarburi?

La maggior parte di ciò che sappiamo su Titano l’abbiamo imparato dalla missione Cassini-Huygens da 3,2 miliardi di dollari, che ha studiato Saturno e le sue numerose lune da vicino dal 2004 al 2017. La maggior parte di questo lavoro è stato fatto dall’orbiter Cassini Saturn della NASA, ma contributi significativi sono arrivati anche dal lander Huygens, una sonda dell’Agenzia Spaziale Europea-Agenzia Spaziale Italiana che ha toccato Titano nel gennaio 2005.

La NASA sta lavorando su un veicolo spaziale Titan proprio – un drone a otto rotori chiamato Dragonfly, che dovrebbe essere lanciato nel 2026. Se tutto va secondo i piani, Dragonfly atterrerà su Titano nel 2034, quindi studiare la chimica complessa della luna e la potenziale abitabilità in un certo numero di luoghi diversi.

Un sottomarino potrebbe essere il prossimo passo nell’esplorazione di Titan. L’agenzia non ha selezionato l’idea sub Titan come missione ufficiale, ma Oleson e il suo team hanno ottenuto due round di finanziamenti dal programma NASA Innovative Advanced Concepts (NIAC), che cerca di stimolare lo sviluppo di idee e tecnologie di esplorazione potenzialmente mutevoli. Queste due sovvenzioni NIAC, del valore di 100.000 e 500.000 dollari, sono state assegnate rispettivamente nel 2014 e nel 2015.

L’obiettivo principale del lavoro NIAC era quello di elaborare un progetto di ingegneria di base di un potenziale sottomarino Titan, Oleson ha detto.

“È possibile?”, Ha detto durante la presentazione FISO. “Quali tipi di tecnologie sono necessarie? Cosa c’è di unico in quell’ambiente?”

Le unicità sono a diversi livelli. Per esempio, anche se Titano è enorme per una luna, è molto più piccolo della Terra, con solo il 14% dell’attrazione gravitazionale del nostro pianeta. Ciò significa che un sottomarino su Titano non sperimenterebbe una pressione simile a quella di un sottomarino alla stessa profondità sulla Terra.

E il sottomarino Titano sarebbe in crociera attraverso un mezzo diverso da quelli qui sulla Terra. Ma questo non è necessariamente un aspetto negativo. Un sottomarino potrebbe spingere attraverso idrocarburi liquidi abbastanza facilmente, ha detto Oleson, e il liquido è trasparente ai segnali radio, consentendo la comunicazione con l’imbarcazione anche quando è sommersa.

Tali comunicazioni potrebbero raggiungere il sottomarino direttamente dalla Terra o essere trasmesse tramite un orbiter Titan, a seconda dell’architettura della missione.

Un sottomarino titano autonomo avrebbe bisogno di essere grande – circa 6 metri di lunghezza, con un peso (sulla Terra) di 1.500 kg – per ospitare le attrezzature di comunicazione necessarie. Un sottomarino con un compagno orbiter, al contrario, potrebbe inserire la stessa strumentazione scientifica in un corpo lungo appena 2 metri, con un peso di circa 500 kg.

Tale equipaggiamento scientifico dovrebbe includere, al minimo, un pacchetto di chimica che analizza i campioni di liquido, un imager di superficie, un sonar di profondità, una stazione meteorologica e uno strumento che misura le proprietà fisiche del mare circostante. Ulteriori strumenti potrebbero analizzare campioni di fondali marini e immagini del fondo dell’oceano.

I ricercatori hanno anche studiato la possibilità di rimanere in superficie con una barca, che avrebbe sondato le profondità del Titanic a intermittenza con piccoli dispositivi carichi di strumenti chiamati dropsondes. Questa sarebbe un’opzione meno rischiosa, ma Oleson ha detto che la ricompensa sarebbe anche inferiore.

“Stiamo perdendo la scienza, solo per il fatto che non possiamo immergere e fare un sacco di questi test,” ha detto dell’idea della barca.

Un sottomarino autonomo o un duo sub-orbiter sarebbero probabilmente missioni di punta, ha detto Oleson. Le ammiraglie sono le missioni più costose e ambiziose della NASA, con cartellini dei prezzi generalmente superiori a 2 miliardi di dollari in questi giorni. Ne sono un esempio Cassini-Huygens, il rover Curiosity di Marte e il rover Mars 2020 Perseverance, lanciato verso il Pianeta Rosso alla fine di luglio.

La NASA potrebbe essere in grado di portare a casa una missione in barca Titan tramite il suo programma New Frontiers. Le missioni New Frontiers, come Dragonfly e la sonda New Horizons Pluto, costano molto meno delle ammiraglie.

Le proposte per l’ultimo round di finanziamenti di New Frontiers, che ha portato alla selezione di Dragonfly nel giugno 2019, hanno dovuto rispettare un tetto di costo di 850 milioni di dollari (inclusi i costi di lancio o di missione).

Tutte le versioni di un esploratore marino Titano sarebbero a propulsione nucleare, proprio come Cassini e Dragonfly. Saturno si trova 10 volte più lontano dal sole della Terra, quindi la luce solare si diffonde piuttosto sottile su Titano. (E un sottomarino a energia solare sarebbe probabilmente una cattiva idea anche qui sulla Terra, dato che tali veicoli vivono nelle scure profondità)

Lancio nel 2030?

Le alte latitudini settentrionali di Titano ospitano quasi tutti i laghi e i mari della luna, compresi i due più intriganti obiettivi di esplorazione sottomarina, Kraken Mare e Ligeia Mare.

Entrambi questi mari sono enormi. Kraken Mare si estende per circa 400.000 km2 ed è profondo almeno 35 metri. Ligeia Mare ha un’area di 130.000 km2 e una profondità massima di 170 metri.

Come Saturno, Titano ha stagioni che durano circa sette anni terrestri a testa. Sarebbe meglio esplorare Kraken o Ligeia durante l’estate settentrionale di Titano, quando un veicolo spaziale potrebbe immagine delle coste in luce visibile e comunicare direttamente con i controllori di missione sulla Terra, ha detto Oleson.

Un arrivo 2045 a Titano sarebbe quindi una buona scelta, ha detto. Se la missione includeva un orbiter per le comunicazioni, arrivando durante la primavera settentrionale, intorno al 2040, è anche un’opzione, ha aggiunto Oleson.

Il viaggio verso Saturno dura circa sette anni, quindi una sub missione Titan di qualsiasi tipo avrebbe bisogno di lanciare nel 2030 (a meno che non vogliamo aspettare altri tre decenni per le stagioni di cambiare di nuovo).

Questa linea temporale “andrebbe bene con noi, essere in grado di prepararlo nel prossimo decennio a spingerci lì”, ha detto Oleson.

Il 60° anniversario del volo di Belka e Strelka

Eroine senza un volto!

Si perché le due protagoniste di questa storia non hanno un volto bensì un simpatico muso, si tratta infatti di due cagnette Sovietiche di nome Belka e Strelka, saranno i primi esseri viventi a compiere una serie di orbite a bordo di una navicella Russa e a rientrare sulla Terra sane e salve.

Il primato del primo essere vivente nello spazio era dalla piccola Layka anche lei Sovietica (vero nome Kudrjavka, durante la traduzione nelle lingue occidentali ad opera della TASS, venne cancellato a favore del nome della razza di appartenenza, Layka-meticcia più pronunciabile nelle lingue d’oltre cortina di ferro), ma la piccola Layka non farà mai ritorno viva sulla Terra. Le due cagnette nonostante fossero anch’esse in lizza per quel primo storico e tragico volo, voleranno per loro fortuna nella missione successiva che risulterà un vero successo proiettando l’URSS verso la conquista dello spazio da parte del primo essere umano Yuri Gagarin.

 Per il sottoscritto comunque queste piccole cagnoline sono delle vere e proprie eroine, scelte nei canili comunali di razza meticcia nonché di sesso femminile in quanto più robuste rispetto a cani di razze selezionate e di sesso maschile, queste cagnette simpatizzarono subito con i tecnici e ingegneri del programma spaziale Sovietico quindi sopportarono tutti i test a cui vennero sottoposte con la fiducia instaurata verso gli umani che le accudivano fino al lancio e al volo nello spazio compiendo un altro passo in avanti nella conquista del cosmo.

Commentato da: Ciro Sacchetti.

19 AGO 2020

Il testo di credito:Vito Technology

Immagine di credito:“Belka, Strelka, and others” (2009)

Fonte: Star-Walk

Link: https://starwalk.space/it/news/60th-anniversary-of-belka-and-strelka-flight                            Puoi anche dare un’occhiata al nostro video con alcuni rari filmati di cani spaziali. Per guardare il video                                                                                                                                                                      Link Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=OCBWIi2vQ4k&feature=youtu.be

Il 20 agosto di 60 anni fa, i cani Belka e Strelka diventarono i primi esseri viventi a effettuare un volo orbitale e tornare a casa sani e salvi. Con questo articolo desideriamo commemorare questi animali eccezionali e raccontare i particolari più interessanti del loro viaggio nello spazio.

La storia dietro il volo

Verso la fine degli anni ’50, l’Unione Sovietica era pronta a inviare il primo essere umano nello spazio. Ciononostante, gli scienziati sovietici necessitavano di maggiori sicurezze sul fatto che un essere vivente potesse sopravvivere a un volo di questo tipo. Per questa ragione, si decise che il primo ad andare nello spazio sarebbe stato il miglior amico dell’uomo, il cane, il quale avrebbe spianato la strada all’esplorazione spaziale da parte del genere umano.

Nel 1957, sotto la direzione del capo progettista dei veicoli spaziali dell’Unione Sovietica, Sergei Korolev, gli scienziati individuarono 12 cani randagi idonei alla missione e iniziarono ad allenarli per i voli futuri. Le intense sessioni d’allenamento, che richiesero diversi mesi di tempo, includevano l’insegnare ai cani come vivere in spazi ristretti, come resistere all’accelerazione estrema e come abituarsi a consumare gelatine simili a cibo dispensate da un distributore automatico. Nel corso dell’intera procedura, gli specialisti dell’allenamento strinsero legami molto stretti con i cani, al punto da conoscerli alla perfezione.

Tra tutti i cani sottoposti all’allenamento, i migliori risultarono essere Belka (“Whitey”) e Strelka (“Little Arrow”), due cagnette di due anni e mezzo. Esse furono selezionate per eseguire un giorno di volo intorno alla Terra sul veicolo spaziale Sputnik-5

Canidi cosmonauti

Il 19 agosto del 1960, lo Sputnik-5 partì dal cosmodromo di Bajkonur, con i due cani a bordo. Durante il lancio, la respirazione e le pulsazioni dei cani aumentarono, ma quando il veicolo spaziale raggiunse l’orbita terrestre, Belka e Strelka a poco a poco si calmarono. Le condizioni delle cagnette furono monitorate e analizzate molto attentamente, grazie all’impiego di apparecchiature speciali progettate per misurare la pressione, le pulsazioni, l’attività cerebrale e tanti altri parametri. Tutto ciò fu pianificato al fine di proteggere i cani e comprendere quanto avrebbe inciso lo stress di un volo spaziale sugli esseri umani. Inoltre, la navetta spaziale fu dotata di una telecamera, progettata per inviare le immagini dei cani alla Terra.

Per inciso, Belka e Strelka non erano sole nella loro navetta: lo Sputnik-5 trasportava anche topi, insetti, piante, semi, miceti e colture di microbi.

Nel complesso, il viaggio andò abbastanza bene. Dopo la tensione del lancio, le cagnette rimasero tranquille per la maggior parte del tempo e apprezzarono molto il cibo. Inoltre, l’esposizione all’assenza di gravità non arrecò loro particolari fastidi, così come risultò dal sistema di monitoraggio. Fu rilevato un solo momento poco piacevole (dopo che la navetta aveva orbitato intorno alla Terra per la quarta volta), ovvero quando Belka, per ragioni sconosciute, non si sentì bene, si agitò e iniziò ad abbaiare. In ragione di questo avvenimento, gli scienziati decisero di limitare il viaggio del primo uomo nello spazio, Yuri Gagarin, a una sola orbita intorno alla Terra.

Dopo il volo Il 20 agosto 1960, lo Sputnik-5 atterrò con successo dopo aver completato 17 orbite intorno alla Terra. Belka e Strelka trascorsero oltre 25 ore nello spazio, coprendo una distanza di 700.000 chilometri. Dopo l’atterraggio, le cagnette apparirono abbastanza in forma; dai test medici non emersero anomalie. Così, Belka e Strelka diventarono le prime creature viventi a sopravvivere a un volo orbitale

Oleg Gazenko sostiene Belka (a destra e Strelka (a sinistra) durante la prima conferenza stampa presso l’istituto Rosso per problemi biomedici.

L’astronave SN5 conduce con successo il test di volo di 150 metri

Space X ha letteralmente preso il volo…….

A pochi giorni dal rientro dalla I.S.S.  della navicella Crew Dragon 2 dopo essere stata attraccata alla stazione spaziale per due mesi circa, Space X continua a stupire e a macinare risultati nell’ottica di riportare l’uomo a calpestare il suolo di un altro pianeta.

Si perché Elon Musk e il suo Team hanno di fatto riportato due Americani Doug Hurley e Bob Behnken, in un veicolo Americano, lanciato dal un lanciatore americano nello spazio dopo nove anni di digiuno e tante promesse disattese  dell’Agenzia Spaziale Statunitense. Ma le cose non si fermano e in Space X non si dorme sugli allori,poco prima che la commissione della USAF potesse deliberare che proprio Space X e U.L.A. avranno la commessa per la messa in orbita dei suoi satelliti (un affare da diversi miliardi di dollari), si effettuano test su una sezione (che ricorda tanto un silos) dello Starship utilizzando per la struttura acciaio e come propellente per il motore Raptor il metano!!!

Inutile dire che quest’agenzia ma soprattutto quest’uomo stanno rivoluzionando il modo di vedere questa nuova fase dell’esplorazione spaziale con soluzioni impensabili ma vincenti.

Buona lettura

Commentato da: Ciro Sacchetti

L’astronave SN5 conduce con successo il test di volo di 150 metri

scritto da Michael Baylor- il 3 agosto 2020
Fonte: NASA

Il prototipo dell’astronave SN5 ha condotto con successo un volo di prova di 150 metri martedì dal sito di test di SpaceX a Boca Chica in Texas. Il tentativo di lancio di lunedì è stato cancellato dopo che il motore Raptor SN27 si è bloccato all’accensione. Dopo un aborto all’inizio della finestra di martedì, il tentativo in ritardo nella finestra ha visto SN5 prendere il volo e atterrare tutto intero. Il salto è stato il primo volo di una sezione di Starship a grandezza naturale che per forma ricorda quella di un Silo, aprendo la strada a SpaceX per tentare voli ad altitudini più elevate con prototipi di Starship.

La finestra di lancio per l’Hop di lunedì è durata dalle 8:00 alle 20:00 Central (13:00 – 01:00 UTC). Tuttavia, i piani di Space X miravano al decollo durante l’ultima parte della finestra.

I programmi dei test sono estremamente fluidi, con lo stesso Elon Musk che scandisce il conto alla rovescia a circa 30 minuti dalla fine. Questo è stato seguito dalla sirena della polizia T-10 minuti prima del conto alla rovescia per l’accensione. Tuttavia, il Lift-off è stato interrotto, probabilmente a T-0, a causa di un problema con il Raptor.

La finestra di martedì si è aperta alle 8 del mattino ora locale. Il primo tentativo è stato interrotto con pochi minuti rimanenti prima che gli sforzi di riciclaggio del propellente iniziassero per tentare un tentativo nel corso della giornata.

Quel secondo tentativo della giornata si è rivelato quello in cui SN5 ha preso il volo

Come al solito, il primo segnale che le squadre stavano lavorando per un tentativo di salto è stato quando la strada per il sito di lancio è stata chiusa al pubblico. Ciò si verifica sempre con largo anticipo rispetto al volo di prova.

Il pad viene quindi ripulito da tutto il personale di SpaceX almeno un’ora o due prima del lancio. Infine, una sirena suona dieci minuti prima del decollo. La sirena avverte i residenti del vicino villaggio di Boca Chica che le attività di volo spaziale sono imminenti

I fan sono rimasti aggiornati sullo stato del volo, con aggiornamenti pubblicati sull’account Twitter @NASASpaceflight . Il canale YouTube NASASpaceflight ha anche trasmesso il volo di prova in diretta da Boca Chica, in Texas

Per il tentativo riuscito, SpaceX ha spinto il conto alla rovescia, con la sirena della polizia che suona ancora una volta. Quindi, al T-0, Raptor SN27 si è acceso e, come previsto, l’astronave stellare è stata sollevata dal pad con una rotazione a causa del posizionamento del motore decentrato

Salendo in aria, Starship quindi, sotto il controllo dei suoi propulsori Reaction Control System (RCS), ruotò leggermente e iniziò la sua discesa verso la piattaforma di atterraggio.

Quando il fumo si è diradato, si è visto che SN5 era ancora in piedi, consentendo agli “SpaceXer” che stavano guardando il test di scoppiare in applausi.

SpaceX non aveva effettuato un volo dalla loro struttura di Boca Chica da quando Starhopper – un veicolo di prova di Starship su scala ridotta – è letteralmente saltato a 150 metri nell’agosto 2019 .

L’astronave SN5 presenta una sezione di spinta con serbatoi di ossigeno liquido e metano impilati sulla parte superiore. Un cono di prua e superfici aerodinamiche sono gli unici componenti significativi mancanti tra SN5 e un veicolo Starship a grandezza naturale.

Sebbene SpaceX non abbia rilasciato l’altezza ufficiale di SN5, si stima che sia comparabile ad un campo da baseball di 30 metri circa.

Per eseguire il salto di 150 metri, SN5 ha utilizzato Raptor SN27 . Mentre la sezione di spinta di SN5 è stata costruita per supportare fino a tre motori Raptor in una configurazione a triangolo, per il primo volo è stato installato solo un motore alimentato a metano. Ciò significa che la spinta durante il salto era asimmetrica. La spinta asimmetrica ha fatto sì che l’astronave SN5 scivolasse via mentre lasciava il pad.

I propulsori di controllo dell’atteggiamento hanno anche aiutato a controllare il veicolo nel corso del salto.

I carichi di propellente erano bassi per il volo, riducendo il rischio per le infrastrutture circostanti in caso di anomalia.

Inoltre è stato aggiunto un simulatore di massa sulla parte superiore del veicolo. È probabile che la sua presenza compensi la mancanza di massa propellente. Il simulatore di massa è stato creato saldando insieme due rotoli di acciaio inossidabile. I rulli sono dello stesso tipo utilizzato per costruire i prototipi di Starship.

Il profilo del salto di 150 metri della Starship SN5 era molto simile a quello di Starhopper. L’SN5 è decollato dalla sua postazione di lancio e si è fatto strada fino a 150 metri. Il veicolo iniziò quindi a traslare su una vicina piattaforma di atterraggio.

Sei gambe di atterraggio, situate all’interno della sezione di spinta di SN5 e ripiegate durante il lancio, schierate prima dell’atterraggio.

Il processo di sviluppo di SpaceX si basa fortemente su una rapida iterazione, che avrebbe consentito un fallimento del test. L’azienda preferisce eseguire test come il salto di SN5 il prima possibile. I test forniscono dati preziosi per informare i progetti futuri.

Se il salto di SN5 non fosse andato secondo i piani, l’astronave SN6 era già in attesa e avrebbe potuto potenzialmente essere pronta come sostituto di SN5 in breve tempo.

Alla fine, il salto di 150 metri è andato secondo i piani per SN5, come è successo con Starhopper. Le battute d’arresto con i precedenti prototipi di Starship avevano ritardato il salto di 150 metri di diversi mesi.

Le astronavi Mk1, SN1 e SN3 non hanno superato tutti i test di prova criogenici, in cui i serbatoi sono pressurizzati con azoto liquido per garantire l’integrità strutturale. I test di SN2 hanno avuto successo, ma si trattava di un prototipo su scala ridotta non destinato al volo.

SN4 è diventato il primo veicolo su vasta scala a superare un test di prova criogenico ed eseguire accensioni statiche. Tuttavia, la sua quinta accensione statica ha provocato un’esplosione poco dopo l’arresto del motore.

L’anomalia di SN4 è stata causata da un problema con i condotti ombelicali a disconnessione rapida. Come parte del test, le disconnessioni rapide – che collegano le linee del propellente al veicolo – sono state staccate come farebbero per un normale decollo. Tuttavia, le valvole non si sono chiuse, perdendo grandi quantità di propellente. Il propellente è stato infine acceso, provocando un’esplosione.

Durante il singolo test antincendio statico di SN5, il sistema di disconnessione rapida è stato nuovamente testato . Questa volta il sistema ha funzionato come previsto

Con il tentativo di volo di SN5 riuscito, SpaceX procederà probabilmente a voli di prova ad altitudini più elevate. Sebbene i dettagli esatti delle prossime pietre miliari dei test non siano stati confermati, ci si aspetta che presentino un design di Starship più completo.

L’astronave SN8, il prototipo attualmente in costruzione, dovrebbe presentare tre motori Raptor, un cono di prua e superfici aerodinamiche. Queste caratteristiche consentirebbero al veicolo di eseguire test di volo ad altitudini molto più elevate. Tuttavia, i piani rispetto ai test di Starship non hanno scadenze precise, quindi fino a quando SpaceX non avrà avuto la possibilità di rivedere i dati dal salto di Starship SN5, le attività di test future rimangono molto in evoluzione.

Link all’articolo:

Link Youtube:

Importante Contratto per space-x e ula

Importante contratto per Space X e la concorrente ULA, rispettivamente per 2,5 e 3,5 miliardi $. Sconfitti Grumman e Blue Origin. Novita’ anche per ULA, che nel 2021 abbondonera’ i motori RD-180 russi a favore di innovativi motori a metano e ossigeno.

Le due aziende americane Space-X di Elon Musk e ULA (United Launch Alliance, joint venture di Lockheed Martin e Boeing) hanno ricevuto l’incarico di effettuare decine di lanci militari per la US Air Force nei prossimi 5 anni: dal 2022 al 2026 ULA lancerà il 60% dei lanci previsti mentre SpaceX il restante 40%. Questo e’ un risultato molto importante per le due aziende, in un mercato piuttosto volatile, perche’ gli assicura entrate cospicue su un orizzonte temporale lungo, e gli permette di fare investimenti con relativa tranquillita’. In lizza c’erano anche Northrop Grumman con il lanciatore OmegA e Blue Origin con il New Glenn, che sono state scartate.

Space-X era fra le favorite dall’inizio, avendo lanciatori gia’ certificati per lanci militari ed essendo di gran lunga la piu’ economica (pur non essendo il prezzo uno dei criteri principali). Il fairing (copertura a guscio) nella parte sommitale del razzo verra’ cambiato, siccome i satelliti militari sono progettati per essere situati sul razzo, quando questo e’ gia’ verticale per semplificarne il design. Questa modifica e’ probabilmente inclusa nei costi di sviluppo della prima missione Space-X per USAF: la USSF-67, per cui USAF paghera’ 316 milioni di dollari (che e’ circa il doppio di un lancio normale, anche a perdere). Space-X effettuera’ da 12 a 14 lanci nei prossimi 5 anni.

ULA, invece, come detto, dovra’ liberarsi dalla dipendenza dai famosi motori russi (in realta’ sovietici) RD-180, di cui abbiamo gia’ parlato nelle nostre news. Questo scaturisce da un obbligo deciso dal Congresso americano, di non dover dipendere da altre nazioni per lanci che riguardano la sicurezza nazionale.

Nasce cosi’ il Vulcan, una evoluzione dell’affermato veterano Atlas V, di cui ne condivide il secondo stadio e i booster laterali. Il primo stadio invece e’ innovativo, con due potenti motori BE-4 a metano ed ossigeno liquido: diventera’ quindi il primo lanciatore a metano liquido. Il Vulcan sta bruciando le tappe di sviluppo, e dovrebbe fare il primo lancio a meta’ dell’anno prossimo. I primi due lanci per USAF saranno l’anno successivo, nel 2022 (USSF-51 e USSF-106) per cui l’Air Force paghera’ 337 milioni di dollari a lancio.

Una delle caratteristiche comuni a ULA e Space-X, e non condivisa da altri partecipanti al bando, e’ la possibilita’ di lanciare dalla base di Vanderberg, sulla costa Ovest, verso orbite polari, caratteristica ritenuta fondamentali per satelliti militari (ad esempio per i satelliti spia, che devono scanerizzare il pianeta una fetta alla volta, come tagliare un’anguria a fette sottili).

Blue Origin di Jeff Bezos e’ una delle sconfitte, ma e’ comunque lo sviluppatore dei motori BE-4, e quindi risulta indirettamente coinvolta nella commessa.

Il secondo sconfitto, dal nome importante nella storia delle forniture militari e spaziali americane, e’ Northrop Grumman. La Grumman aveva ad esempio sviluppato il Lunar Module (LM) delle missioni Apollo, e si e’ aggiudicata una parte importante del Lunar Gateway, stazione spaziale lunare in sviluppo da poco. Questa esclusione della Grumman, potrebbe portare alla cancellazione dello sviluppo del proprio razzo OmegA, o perlomeno della variante “heavy”.

Fonte: https://www.astrospace.it/2020/08/08/spacex-e-ula-vincono-contratti-militari-per-miliardi-di-dollari/?fbclid=IwAR3hZpjMODv_PLFdilsGZ83rO8siCiobITPvSDwStDchzCnWE2GzdS4MQv0

La sonda InSight della NASA è di nuovo protagonista!

InSight

Dopo altre attività di monitoraggio, la pala meccanica torna sulla sonda termica HP3 e finalmente la seppellisce con uno strato di materiale superficiale.

Seguo da tempo questo lander marziano a cui sono state delegate parecchie attività e che ha subito molte disavventure, in particolare proprio sulla sonda HP(“Heat Flow and Physical Properties Package”), destinata a misurare temperatura e flusso di calore nel suolo di Elysium planitia.

L’obiettivo della missione è quello di investigare sulla struttura interna di Marte allo scopo di ricavare degli indizi sulle fasi più remote della formazione dei pianeti terrestri nella più ampia formazione del sistema solare.

Il suo sensibilissimo sismometro SEIS sta già lavorando egregiamente.

Le disavventure e gli imprevisti sono stati tanti ma è impressionante quanto sia capace e flessibile l’operatività di questo robot, attraverso ovviamente le strategie inventate da Terra per superare le avversità. Un diligente instancabile operaio a disposizione (ma immobile) su Marte.

Oggi sembra che la pala robotica sia finalmente tornata ad occuparsi della sonda termica e speriamo che riesca a concludere l’operazione prima che cambi la stagione.

Ora è quasi interamente al di sotto del livello del terreno ed è ferma lì dal Sol 536 (30 Maggio).

Credit: NASA/JPL-Caltech.

Con l’arrivo a febbraio 2021 di Perseverance, collega di Curiosity e di Opportrunity, la comunità robotica NASA operativa su Marte comincia a diventare importante.

Si sta preparando l’arrivo dell’uomo.

Vi propongo l’articolo di Marco Di Lorenzo su AliveUniverse per approfondire i progressi fatti e ciò che ancora ci aspettiamo da InSight.

Commentato da Luigi Borghi.

Eccolo.

.https://aliveuniverse.today/speciale-missioni/marte/lander/insight/4692-la-sepoltura-della-talpa

Il primo elicottero su Marte inizierà a volare l’anno prossimo. Ecco come.

Ingenuity

Nella scorsa flash vi avevo parlato di un elicottero che volerà su Marte, quindi mi sembra giusto fornirvi maggiori dettagli. Una missione che allargherà l’orizzonte nel vero senso della parola. Ve ne avevo già parlato nel numero 37 de Il Cosmo news di Giugno 2018, ma ora ovviamente ne sappiamo molto di più.

L’elicottero ha già volato qui sulla Terra. Non è stato facile simulare le condizioni marziane dove la gravita è 1/3 di quella terrestre e la densità atmosferica 1/100 (per un elicottero è una condizione molto gravosa), ma i test sono stati superati. Ora resta solo da vedere a febbraio del prossimo anno quanto la simulazione sia stata in linea con la realtà.

L’elicottero, chiamato Ingenuity, della Lockheed Martin Space di Denver sarà appeso sotto la pancia del Rover Perseverance.

Ad atterraggio (pardon ammartaggio) avvenuto, dopo che il Rover avrà cercato uno spazio piano, Ingenuity verrà poi sganciato e cadrà al suolo (un salto di pochi centimetri).

Dopodiché il Rover si allontanerà lasciandolo libero alla luce del sole.

…..


Quando sarà alla distanza di sicurezza cominceranno i testi di volo. Incrociamo le dita e prepariamo il sigaro!

Come vedete dalla foto, il piccolo “volatile” ha un pannello fotovoltaico (sopra alle pale) che gli consentirà di ricaricarsi e quindi ripartire per una nuova missione. Con l’irradiazione solare che ci troviamo su Marte ci vorrà mooolta pazienza.

Questo piccolo elicottero potrebbe spianare la strada a una vasta esplorazione dei cieli marziani.

Andiamo ancora di piu nel dettaglio.

Il rover Perseverance della NASA avrà quindi un passeggero speciale quando scenderà nel cratere Jezero di Marte nel febbraio 2021, il primo elicottero in assoluto a volare su un altro mondo.

Con un peso sulla Terra di 1,8 chilogrammi, l’elicottero, chiamato Ingenuity , viaggerà su Marte, in una prima fase, sotto la pancia di Perseverance, stringendosi in un punto che offre circa 24 pollici (61 centimetri) di altezza da terra, incluso il sistema di consegna dell’elicottero. 

Ingenuity stesso è solo 5 pollici (12 cm) più corto della zona libera.

Ingenuity continuerà ad aggrapparsi al Rover per circa due mesi dopo l’atterraggio del 18 febbraio 2021. Le due macchine (con l’aiuto di operatori remoti sulla Terra) cercheranno un’area piatta, senza ostacoli, dove Ingenuity possa eseguire operazioni di test.

La squadra dovrà trovare una zona che è di circa 33 piedi per 33 piedi (10 per 10 metri) che Perseverance può monitorare mentre è parcheggiata a circa un campo di football americano, hanno detto i membri della squadra della missione. Lo spiegamento di Ingenuity avverrà dopo che Perseverance entrerà nel centro dell’aerodromo. Gli operatori trascorreranno circa sei giorni terrestri a controllare tutti i sistemi prima di preparare l’elicottero a volare.

“Il processo di spiegamento inizia con il rilascio di un meccanismo di blocco che mantiene in posizione l’elicottero”, hanno scritto i funzionari di JPL nella dichiarazione. “Quindi un dispositivo pirotecnico taglierà il cavo, consentendo a un braccio caricato a molla che tiene l’elicottero, di iniziare a ruotare l’elicottero dalla sua posizione orizzontale. Lungo la strada, un piccolo motore elettrico tirerà il braccio fino a quando non si blocca, portando il corpo dell’elicottero completamente verticale con due delle sue gambe di atterraggio caricate a molla dispiegate. Un altro bullone esplosivo rilascierà le altre gambe. “

Durante questo processo, il sistema di spiegamento manterrà le connessioni elettriche e di dati tra Perseveranza e Ingenuity fino a quando non sarà il momento di liberare l’elicottero. Il piano è far cadere delicatamente Ingenuity in superficie e far allontanare Perseverance, permettendo a Ingenuity di caricare le batterie con il suo pannello solare. Quindi, se tutto va secondo i piani, sarà il momento di fare alcuni voli di prova.

L’elicotteri è progettato per operare per 30 sol o giorni marziani, per vedere quanto sarà fattibile il volo Red Planet per le missioni future. Gli ingegneri useranno le lezioni apprese da Ingenuity, che non trasporta strumenti di bordo, per costruire potenzialmente elicotteri futuri che possano aiutare i rover e forse anche gli astronauti. 

Alcuni possibili usi per i futuri elicotteri di Marte includono lo scouting in avanti per terreni difficili, lo studio delle scogliere verticali e l’esplorazione di grotte o crateri profondi che un rover potrebbe non essere in grado di raggiungere, hanno detto i funzionari della NASA.

Gli obiettivi principali della missione consistono nella ricerca di segni dell’antica vita di Marte e nella memorizzazione nella cache di campioni promettenti per il futuro ritorno sulla Terra. Il rover porta anche dimostrazioni tecnologiche che potrebbero aiutare i futuri esploratori umani sul Pianeta Rosso, incluso uno strumento progettato per produrre ossigeno dall’atmosfera marziana sottile, dominata dal biossido di carbonio. La NASA mira a mettere gli stivali su Marte negli anni ’30, dopo aver riportato gli astronauti sulla luna in questo decennio.

Perseverance si lancerà su Marte non prima del 30 luglio di quest’anno , unendosi infine al rover Curiosity della NASA sulla superficie del Pianeta Rosso. Curiosity è sbarcato nell’agosto 2012 e continua a essere operativo.

Commentato da Luigi Borghi.

Ecco il link:

https://www.space.com/nasa-mars-2020-mission-helicopter-ingenuity.html

Perché l’Europa quest’anno non va su Marte?

Nell’estate 2020, anno in cui Marte e la Terra si trovano nella giusta posizione per consentire una missione di andata (capita ogni due anni circa), erano previsti tre lanci che avrebbero coinvolto il mondo intero: russi, americani, europei, giapponesi ed Emirati Arabi. Un vero assalto scientifico al pianeta rosso.

La NASA, a fine luglio, invierà  “Perseverance”  destinato alla missione Mars 2020 e dovrà, come il suo predecessore Curiosity, cercare tracce di vita sul suolo marziano e inviare dati da analizzare per studiare il Pianeta. Avrà a disposizione un piccolo elicottero per allargare l’area di ricerca. Un vero salto di qualità!

Gli Emirati Arabi, con un vettore giapponese della Mitsubishi, invieranno la sonda “Hope”, un orbiter con il quale inizieranno la loro avventura nell’esplorazione. Ve ne ha ampliamente parlato il collega Ciro Sacchetti nella sua flashNews di pochi giorni fa a cui vi rimando.

E noi? Cosa avrebbe dovuto fare l’ESA?

Dal cosmodromo di Bajkonur il razzo russo con il rover 2020 dell’ESA, con tanta tecnologia italiana, sarebbe dovuto appunto partire fra luglio e agosto, ma la prudenza ha consigliato il rinvio al 2022.

Il flop della sonda Schiaparelli, schiantatosi su Marte nel 2016, ha senz’altro contribuito ad allungare i tempi, ma sembra che non sia la vera causa dello slittamento.

Credo giusto aggiungere che il consorzio italiano che partecipa alla missione (con oltre un miliardo di euro di investimenti) ha fatto il suo dovere ed è in linea con il programma.

Sembra che i problemi che hanno fatto perdere la finestra di lancio del 2020, obbligando quindi a riprogrammarci per il 2022, siano dovuti alle connessioni ed alla interfaccia fra i componenti dell’Italia e dell’Agenzia spaziale europea con quelli russi di Roscomos.

Insomma problemi legati ai diversi standard utilizzati che, anche in passato, hanno fatto danni pure alla NASA.

Buona lettura

Commentato da Luigi Borghi.


Ecco il Link all’articolo:

https://www.ilmessaggero.it/scienza/exomars_coronavirus_rover_rinvio_esa_missione_marte_ecco_perche-5106925.html


Gli Emirati alla conquista del pianeta rosso

Speranza!

E’ con questo nome, “Hope”, che gli Emirati Arabi iniziano la loro avventura nell’esplorazione del Cosmo.
La sonda Hope, rappresenta il biglietto d’imbarco staccato dai ricchissimi Emirati per intraprendere un lungo viaggio che li porterà ad esplorare il misterioso pianeta rosso; Marte.

La loro nuova avventura dopo il loro primo Astronauta Haza Al Maansouri sulla I.S.S. è la sonda Hope che il 15 luglio dovrebbe decollare dal centro Spaziale Tanegashima in Giappone, è destinata a raggiungere Marte e ad indagare sui cambiamenti climatici del pianeta indizio fondamentale per capire come Marte è mutato nei millenni.

Quando un altro paese si affaccia sul difficile mondo dell’esplorazione spaziale suscita un certo piacere perche credo che il futuro dell’Umanità risieda nella capacità di esplorare e successivamente raggiungere e colonizzare altri pianeti, non sarà un sentiero facile o breve, ma sono sicuro che ci riusciremo…..

Buona lettura

Commento di Ciro Sacchetti


Gli Emirati alla conquista del pianeta rosso

Di euronews  •  ultimo aggiornamento: 10/03/2020

Sono stati anni davvero impegnativi per il programma spaziale degli Emirati Arabi Uniti. Hanno sviluppato e lanciato una serie di satelliti e l’anno scorso hanno inviato il primo astronauta degli Emirati, Hazza Al Maansouri, alla Stazione Spaziale Internazionale.

Ora gli Emirati hanno lo sguardo fisso su Marte. E il culmine di tutti i loro sforzi è la sonda Hope, destinata a orbitare attorno al pianeta rosso.

“Ciò che la missione Emirates Mars fornirà – spiega Sarah Al Amiri, ministro per le scienze avanzate degli Emirati – sono i dati effettivi per un intero anno da ovunque su Marte. Perché è importante? Il cambiamento climatico è uno dei motivi: comprendere meglio le dinamiche meteorologiche e i cambiamenti atmosferici su Marte ci darà un elemento per sapere ciò è successo sul pianeta rosso. Perché è entrato nello stato in cui è oggi; ciò ci consentirà di comprendere meglio i cambiamenti climatici sulla terra e ciò che di solito accade naturalmente quando si tratta di cambiamenti climatici. Inviare uomini su Marte ci fornirà una migliore comprensione di ciò che si dovrà affrontare. È qualcosa di diverso da qualsiasi impresa abbiamo mai sognato o pensato di poter sognare o tentare”.

“Emirates Mars Mission è qualcosa di diverso da qualsiasi impresa abbiamo mai sognato o pensato di poter sognare o tentare”

Sarah Al Amiri 
Ministra per le scienze avanzate degli Emirati Arabi Uniti

Raggiungere Marte significherà grandi cambiamenti per gli Emirati Arabi Uniti.

Omran Sharaf, responsabile del progetto Emirates Mars spiega che gli Emirati cercano un cambiamento nell’ecosistema quando si tratta di costruire un’economia basata sulla conoscenza creativa, competitiva e innovativa. E si guarda allo spazio come a un mezzo per farlo. “Si tratta di affrontare le nostre sfide nazionali legate alle risorse idriche, alimentari ed energetiche. E si tratta di generare conoscenza che servirà a tutta l’umanità”, aggiunge Sharaf.

Spettrometri e supersensori per studiare Marte e orientare la sonda

Gli strumenti scientifici che raccoglieranno tutti questi nuovi dati da Marte includono:

  • Uno spettrometro a infrarossi per studiare i sistemi di nuvole dell’atmosfera inferiore, i cicli di diossido di carbonio e le temperature.
  • Un sensore per immagini ad alta risoluzione e per comprendere meglio i raggi ultra violetti nell’atmosfera inferiore.
  • Uno spettrometro a ultravioletti che esamina la velocità con cui l’idrogeno e l’ossigeno lasciano l’atmosfera superiore di Marte.

Nel maggio di quest’anno la sonda arriverà al centro spaziale di Tanegashima in Giappone, e l’arrivo nell’orbita marziana è previsto nel 2021. La data di partenza è stata scelta perché in quel momento la Terra e Marte si troveranno alla minima distanza tra loro. Questa situazione si ripete all’incirca ogni due anni, pertanto se la finestra di lancio del 2020 dovesse essere persa, il lancio sarà posticipato al 2022.

La sonda Hope

La sonda Hope consta di tre antenne a basso guadagno e un’antenna a elevato guadagno. Questa è usata principalmente quando si è lontani dalla terra. L’antenna ad alto guadagno ha un diametro di 1,85 metri. Generalmente si inviano dati sulla terra a circa 200 kbps (circa quattro volte più velocemente di un modem dial-up della vecchia scuola).

Ci sono quattro pannelli solari che forniscono la principale fonte di energia per il veicolo spaziale una batteria secondaria nel caso in cui non ci sia il sole. In fondo, sensori stellari per dire al veicolo spaziale dove si trova.

E siccome ci vogliono tra 12 minuti a quasi mezz’ora per parlare con l’astronave alla base si saprà solo dopo 20 lunghissimi minuti, se la sonda è atterrata bene.

Mohsen Alawadhi, ingegnere, spiega che a un certo punto “L’astronave distoglierà lo sguardo da Marte e punterà i propulsori verso Marte, poi rallenterà. Se andremo troppo veloci o troppo lenti, falliremo. Se non atterreremo dove vogliamo, probabilmente ci schianteremo su Marte. Quindi è una missione davvero critica”. “L’atterraggio” su Marte, brucia circa metà del carburante.

  • La struttura della sonda è per lo più a nido d’ape in alluminio con fogli di carbone
  • Cablaggio: ci sono circa 4.200 singoli cavi sul veicolo spaziale
  • La sonda Hope avrà forma esagonale. La massa totale sarà di circa 1 500 kg, incluso il propellente, e misurerà 2,37 metri per 2,90 metri

Ecco il Link all’articolo:
Gli Emirati alla conquista del pianeta rosso


Controlli finali in corso prima del lancio della Sonda Hope il 15 luglio

Da: Emirates News Agency
Venerdì 03-07-2020 18:10 PM

TANEGASHIMA, 3 luglio 2020 (WAM) – I controlli finali e i test sulla Missione Hope Mars degli Emirati sono attualmente in corso, mentre si prepara per il suo lancio verso l’orbita del Pianeta Rosso.

È previsto il lancio mercoledì il 15 luglio 2020 alle 00:51:27 (ore degli Emirati Arabi Uniti) dal Centro Spaziale Tanegashima, TNSC, in Giappone. I controlli finali sono guidati da una squadra impressionante di giovani Emiratini.

Il team EMM comprende Ahmed Al Yammahi, Mahmood Al Awadhi, Mohammed Al Aemri, responsabili delle operazioni meccaniche incluso l’ascensore spaziale; Essa Al Mehairi, responsabile della carica della batteria e del monitoraggio dei veicoli spaziali; Yousuf Al Shehhi è stato incaricato della chiusura di MLI; Omar Al Shehhi responsabile del test di vitalità e monitoraggio dei veicoli spaziali; e Khalifa Al Mehairi che ha la responsabilità del monitoraggio dei veicoli spaziali.

La sonda è stata sottoposta ad una serie di test dal suo arrivo al centro di Tanegashima ad aprile. Questi test, che vengono effettuati per un periodo di 50 giorni lavorativi, comportano test funzionali dei sottosistemi di veicoli spaziali che includono energia elettrica, comunicazione, controllo dell’altitudine, comando e controllo, propulsione, controllo termico e sistemi software.

Il processo include anche il riempimento del serbatoio del carburante con circa 800 chilogrammi d’idrogeno e la garanzia che non vi siano perdite. Richiede anche spostare la sonda sulla piattaforma del lancio, installare la sonda sul razzo e assicurarsi che le batterie siano completamente cariche prima del decollo.

Dopo il rifornimento, il team della Missione Emirates Mars, EMM, assicurerà che l’isolamento multistrato, il MLI e i dispositivi di carica siano adeguatamente sigillati. Dopo, ci saranno le operazioni congiunte con Mitsubishi Heavy Industries, MHI, per alimentare il veicolo spaziale per il test di resistenza, confermare i preparativi e caricare le batterie del veicolo spaziale, nonché prepararlo per il decollo. Questa fase comprende tre test principali, tra cui ricarica della batteria, test di vitalità e monitoraggio dei veicoli spaziali.

È previsto il decollo della sonda Hope il 15 luglio 2020. La data di lancio prevista rappresenta l’avvio della finestra di lancio per la missione, che si estende al 3 agosto 2020 – al fine di garantire che la sonda raggiunga l’orbita desiderata nel più breve tempo e la minima energia possibili. Il processo di decollo comprenderà due fasi. La prima inizia con il propellente a combustibile solido che solleva il razzo dopo la separazione dalla piattaforma di lancio – questa parte si separa automaticamente dopo aver completato la sua missione. Ciò porta alla seconda fase fino al terzo stadio – che dura fino a quando la sonda raggiunge la sua orbita attorno a Marte. Il veicolo di lancio MHI H2A pesa 289 tonnellate ed è di 53 metri di lunghezza.

La piattaforma MHI H2A è stata scelta grazie alla sua comprovata esperienza e reputazione nella tecnologia spaziale in tutto il mondo e ai suoi alti tassi di successo nel lancio di veicoli spaziali e satelliti a livello globale. Da parte loro, gli Emirati Arabi Uniti hanno già collaborato con MHI per lanciare con successo il satellite Khalifa Sat. La sonda Hope dovrebbe entrare nell’orbita di Marte nel febbraio 2021, in coincidenza con le celebrazioni del Giubileo d’oro degli Emirati Arabi Uniti per celebrare la storica unione degli Emirati.

“L’inizio dei controlli e dei test finali sulla sonda Hope in linea con il nostro programma ribadisce il nostro impegno e il processo di pianificazione dettagliata per garantire il successo di questa missione. Siamo grati alla saggia leadership degli Emirati Arabi Uniti per il loro supporto senza sosta, gli sforzi incessanti e la dedizione del team che lavora al progetto per completare con successo questa missione”, ha affermato il dott. Ahmad bin Abdullah Humaid Belhoul Al Falasi, Ministro di Stato per l’Istruzione Superiore e le Competenze Avanzate e Presidente dell’Agenzia spaziale degli Emirati Arabi Uniti.

Ha detto che il team ha più volte superato le sfide per raggiungere i traguardi stabiliti. “Il raggiungimento del successo contro tutte le previsioni rispecchia la forte eredità e identità degli Emirati Arabi Uniti, quale ” l’Impossibile è possibile “, radicata nella cultura dei giovani uomini e donne di questo Paese”, ha aggiunto.

Il dott. Ahmad Belhoul ha ribadito che la sonda Hope rappresenta le ambizioni degli Emirati Arabi Uniti e il loro messaggio positivo di speranza nella regione e nel mondo. “Il messaggio principale è quello di lottare con passione e superare gli ostacoli per trovare soluzioni a beneficio dell’umanità in generale, il che esemplifica la visione della leadership degli Emirati Arabi Uniti. Siamo fiduciosi che la sonda Hope raggiungerà l’orbita di Marte nel febbraio 2021, in coincidenza con le celebrazioni del Giubileo d’oro degli Emirati Arabi Uniti” , ha detto.

Suhail AlDhafri, Vicedirettore del progetto della Missione Mars Emirates e capo del veicolo spaziale, ha dichiarato: “I controlli finali sono passi importanti per garantire che tutti i sistemi funzionino e soddisfino i requisiti prima del rifornimento. Ottenere questi parametri è fondamentale prima di preparare la sonda per il decollo”.

Un team emirati sta guidando l’operazione e supervisionando ogni aspetto della preparazione della sonda per il suo lancio. Il team comprende Omran Sharaf Al Hashemi, Direttore del Progetto Mars Mission Hope Probe degli EAU, Suhail Al Dhafari Al Muhairi, Vice Direttore di Progetto della Squadra di Sviluppo, Omar Al Shehhi, Leader della Squadra di Lancio, Mohsen Al-Awadhi, Risk Manager, Youssef Al -Shehhi, Ingegnere dei sistemi termici, Khalifa Al-Muhairi, Ingegnere dei sistemi di comunicazione, Issa Al-Muhairi, Ingegnere dei sistemi di alimentazione, Ahmed Al-Yamahi, Ingegnere dei sistemi meccanici, Ingegnere dei sistemi meccanici Mahmoud Al-Awadhi e Mohammed Al-Amri, Ingegnere di Sistemi di supporto a terra.

A seguito della pandemia di COVID-19, il team che lavora alla Missione è diviso in tre sotto-team – mettendo in considerazione le sfide relative ai trasporti, ai viaggi, alla logistica e all’adesione alle procedure sanitarie. Mentre il primo gruppo di membri del team ha raggiunto il Giappone il 6 aprile ed è stato sottoposto a quarantena obbligatoria e controlli sanitari, il secondo team è arrivato il 21 aprile.

La terza squadra è ancora negli Emirati Arabi Uniti e offre il supporto necessario alla Missione. Il trasporto della sonda Hope da Dubai al sito di lancio sull’isola di Tanegashima in Giappone è durato più di 83 ore e ha subito tre tappe principali.

WAM / Hazem Hussein

Ecco il Link all’articolo:
Final checks under way ahead of the Hope Probe’s launch on July 15

L’accesso allo spazio costa sempre meno

Il sistema di lancio in orbita di Virgin Orbit durante un precedente test (sub orbitale) Credits: Virgin Orbit.

Un parametro, quello dei costi, sta scendendo velocemente.

Merito della concorrenza, delle nuove tecnologie e diciamolo pure anche di SpaceX che ha inaugurato il recupero del primo stadio di un lancio orbitale.

La precisazione è necessaria perché in effetti il primo a tentare con successo questa procedura fu Jeff Bazos della Blue Origin che però lo aveva applicato a voli suborbitali.
Un po’ più facile …

Ora ci prova la Virgin che porta avanti la su tecnica, applicata ai voli commerciali suborbitali ma che ora tenta il salto con i piccoli satelliti in orbita bassa.

Ma non è finita! Vi sono altre aziende americane in coda per questo tipo di approccio.

Ne vederemo delle belle.

In questo primo piano si vede con precisione il meccanismo di aggancio del razzo Launcher One. Credits: Virgin Orbit

Commento di Luigi Borghi

Eccovi il link all’articolo:

https://www.astrospace.it/2020/05/25/virgin-orbit-per-la-prima-volta-in-orbita-con-un-sistema-tutto-nuovo/amp/