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Così Perseverance raccoglierà 43 pezzi di Marte

Il rover è dotato di un sistema di prelievo dei campioni

Nonostante questa pandemia abbia costretto gran parte del nostro pianeta ad un isolamento forzato ma necessario, la ricerca e l’esplorazione non si sono fermate, e un gruppo di Ingegneri e Tecnici del JPL hanno continuato coraggiosamente a lavorare in nome della Scienza.
Dopo oltre quarant’anni dalle sonde Viking1 e 2, e dopo le strabilianti imprese di Spirit, Oppurtunity e dei sette anni di ricerca del rover Curiosity, la nasa fa uno step in avanti con la sonda Perseverance che verrà lanciata su Marte tra il 20 luglio e il 6 agosto di quest’anno.
Finita di assemblare qualche giorno fa, con la scelta che ripeto e sottolineo coraggiosa di continuare il lavoro di preparazione in un momento in cui la pandemia è ancora in atto, il JPL si appresta ad effettuare l’invio sul pianeta rosso di un altro rover che ricorda per forma e dimensioni Curiosity, ma che ha tantissime novità in termini di analisi del suolo marziano.
Quindi, come sono solito dire; ne vedremo delle belle……

Commentato da: Ciro Sacchetti.

Inserimento dei 39 tubi porta campione nel ventre del rover. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech

Perseverance lo è di nome e di fatto, il rover del programma Nasa Mars 2020 programmato per il lancio fra poco più di 40 giorni – nella finestra dal 17 luglio al 5 agosto 2020, per la precisione. Ambizioso e determinato come la squadra di ingegneri e scienziati del Jet Propulsion Laboratory della Nasa che, nonostante le difficoltà di questi mesi, lavora per completare il più complesso, sofisticato e incontaminato meccanismo mai concepito per lo spazio: il Sample Caching System – letteralmente, il sistema di raccolta dei campioni marziani. L’obiettivo della missione è di raccogliere almeno una dozzina di campioni e riportarli sulla Terra nell’arco di una decina d’anni.
Dopo sette anni di lavoro preparatorio, il 20 maggio scorso, presso il Kennedy Space Center in Florida, il team di Perseverance ha caricato gli ultimi 39 dei 43 tubi di campionamento a bordo del rover assieme al sistema di stoccaggio – i primi quattro erano stati precedentemente integrati in altre sedi. L’integrazione del sistema segna una tappa fondamentale verso il lancio del rover.
Sulle orme degli astronauti di Apollo 11, che per la prima volta hanno portato a Terra un campione di suolo proveniente da un altro corpo celeste, il Sample Caching System ha lo scopo di raccogliere e conservare i primi campioni di roccia provenienti da un altro pianeta. Il tutto però con la piccola limitazione di non poter contare su braccia e gambe, diversamente dagli astronauti della missione Apollo Neil Armstrong e Buzz Aldrin.

Una fase del test del Sample Caching System. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech

È un lavoro di squadra anche quello che si appresta a compiere il Sample Caching System di Perseverance, che raccoglie sotto un unico nome la collezione e collaborazione di diversi robot. Situate nella parte anteriore del rover, le unità che si occuperanno della raccolta di campioni di suolo marziano sono tre.
La prima è avvitata alla parte anteriore del telaio del rover: si tratta un braccio robotico di due metri a cinque snodi munito di una grande torretta che include un trapano a percussione rotante per raccogliere campioni del nucleo di roccia marziana e regolite – roccia sgretolata dalla granulometria eterogenea e polvere.
Il secondo robot sembra un piccolo disco volante costruito nella parte anteriore del rover. Si tratta di un carosello, ed è l’intermediario fondamentale per tutte le transazioni dei campioni di Marte: dapprima fornirà le punte di trapano e i tubi di campionamento vuoti al trapano e successivamente sposterà i tubi pieni di roccia nel telaio del rover per la valutazione e l’elaborazione.
Il terzo e ultimo robot del Sample Caching System è il braccio di manipolazione del campione – lungo mezzo metro e denominato dal team “braccio T. Rex”. Situato nella pancia del rover, raccoglie i tubi di campionamento trasportati dal carosello, spostando le provette del campione tra le stazioni di stoccaggio e di documentazione.
Per poter funzionare, l’intero sistema prevede una coordinazione temporale svizzera fra le varie componenti. Un orologio a più di tremila ingranaggi. «Sembra molto, ma si comincia a capire la necessità di tale complessità se si considera che il Sample Caching System ha il compito di perforare autonomamente la roccia di Marte, estrarre i campioni del nucleo intatti e poi sigillarli ermeticamente in vasi ipersterili che sono essenzialmente privi di qualsiasi materiale organico di origine terrestre che potrebbe alterare le analisi future», spiega Adam Steltzner, ingegnere capo per la missione Mars 2020 Perseverance presso il Jpl. «In termini di tecnologia, è il meccanismo più complicato e sofisticato che abbiamo mai costruito, testato e preparato per il volo spaziale».
Operativamente, dopo aver raccolto un cilindro intatto di roccia marziana tramite un piccolo carotaggio, il braccio porta il campione verso carosello – il secondo robot – che lo preleva e lo trasferisce all’interno del rover. Qui interviene un altro piccolo apparecchio, che sposta il campione attraverso lo spazio di valutazione, dove vengono prese alcune immagini, viene sigillato e infine depositato nel sito di archiviazione. Il tutto avviene in modo automatico e indipendente, nell’arco di alcune ore.
Come ogni componente del rover, il Sample Caching System è stato creato in due versioni, un modello di prova che rimarrà a terra e quello che volerà verso Marte. «Il modello ingegneristico di prova è identico al modello di volo, ed è nostro compito cercare di romperlo», dice Kelly Palm, l’ingegnere responsabile dell’integrazione del sistema e dei test di Perseverance al JPL. «Lo facciamo perché preferiamo vedere le cose consumarsi o rompersi sulla Terra piuttosto che su Marte. Così mettiamo alla prova il modello ingegneristico per comprendere meglio come usare il suo gemello di volo su Marte».
Non lasciare nulla al caso significa, per il team, usare diverse rocce per simulare diversi tipi di terreno marziano. Esse vengono trivellate da varie angolazioni per simulare qualsiasi situazione in cui il rover potrebbe trovarsi e qualsiasi condizione nella quale il team scientifico potrebbe voler raccogliere un campione.

Di: Valentina Guglielmo 04/06/2020

Link: https://www.media.inaf.it/2020/06/04/perseverance-raccogli-campioni/ 

Veicoli spaziali “morti”: su Marte notati in nuove foto

CI SIAMO!!! La domanda se siamo soli, ha forse trovato risposta in foto che ritraggono un mezzo, una sonda ormai inattiva sulla superficie del pianeta rosso??? Abbiamo finalmente la prova che Marte sia stato meta di una civiltà aliena che vi ha inviato un suo rover di superficie come abbiamo fatto noi terrestri per anni??? Il titolo lascia intendere questo o perlomeno il suo autore aveva probabilmente questo intento, ma niente paura, nessuna prova di vita aliena vicino casa nostra. Si tratta soltanto di immagini scattate da una sorprendente sonda terrestre che continua a stupirci e ad affascinarci con la definizione delle sue fotografie, permettendo a tutti noi di ammirare il suolo Marziano seduti comodamente a casa

Reconnaissance Orbiter (MRO) della NASA , in orbita intorno a Marte dal 2006, ha scattato una foto a colori del “defunto” Phoenix Mars Lander della NASA nel suo sito di atterraggio nell’Artico marziano.
Mostra il lander e i suoi freddi dintorni dopo il secondo inverno trascorso sul pianeta.
Il veicolo spaziale Phoenix è atterrato con successo su Marte nel 2008.

Questa immagine, scattata il 26 gennaio 2012, mostra la navicella spaziale Phoenix Mars Lander non più attiva dopo il suo secondo inverno artico marziano. Il lander ha lo stesso aspetto che aveva dopo il suo primo inverno, come mostrato in un’immagine del maggio 2010.

Questa immagine, scattata il 26 gennaio 2012, mostra la navicella spaziale Phoenix Mars Lander non più attiva dopo il suo secondo inverno artico marziano. Il lander ha lo stesso aspetto che aveva dopo il suo primo inverno, come mostrato in un’immagine del maggio 2010. La foto è stata presa durante il monitoraggio dei modelli di gelo nel sito di atterraggio di Phoenix nell’estremo nord di Marte, usando l’esperimento scientifico ad alta risoluzione (HiRISE) ) telecamera su Mars Reconnaissance Orbiter della NASA.
(Credito Immagine: NASA / JPL-Caltech / Univ. Of Arizona)

Lo scopo di queste ricognizioni è quello di monitorare i modelli di gelo nel sito di atterraggio di Phoenix nell’estremo nord di Marte, usando l’Highise Imaging Science Experiment (HiRISE) telecamera su Mars Reconnaissance Orbiter della NASA.
Il Phoenix Mars Lander è atterrato nel maggio 2008 in missione per cercare prove della presenza di acqua nelle pianure della Vastitas Borealis nell’Artico marziano. Durante la sua missione di quasi sei mesi, il lander da 475 milioni di dollari ha confermato la presenza di ghiaccio d’acqua nel sottosuolo e fatto preziosi studi sul suolo marziano. La missione Phoenix si è conclusa nel novembre 2008 quando il lander non è più riuscita a ricevere energia adeguata a causa di una combinazione di luce solare calante, polvere che oscura la luce e rigide temperature invernali.

In un’altra foto separata, MRO ha individuato anche la piattaforma di atterraggio a tre petali abbandonata dal rover Spirit della NASA nel gennaio 2004.

Vicino all’angolo in basso a sinistra di questa foto c’è la piattaforma di atterraggio a tre petali che la Mars Exploration Rover Spirit della NASA ha abbandonato nel gennaio 2004. Il lander è ancora luminoso, ma con un colore rossastro, probabilmente a causa dell’accumulo di polvere marziana. La telecamera HiRISE (High Resolution Imaging Science Experiment) su Mars Reconnaissance Orbiter della NASA ha registrato questo punto di vista il 29 gennaio 2012, fornendo la prima immagine dell’orbita che mostra la piattaforma di atterraggio di Spirit a colori.
(Immagine: © NASA / JPL-Caltech / Univ. Of Arizona)

La piattaforma ha usato paracadute e airbag per rimbalzare fino al punto di arresto del cratere Gusev in modo che il rover Spirit potesse inizia la sua missione. Spirit ha lasciato la piattaforma dei lander nel gennaio 2004 e ha trascorso gran parte della sua vita lavorativa di sei anni in una serie di colline a circa due miglia (3,2 chilometri) a est, secondo quanto riferito da funzionari della NASA. Il rover è diventato silenzioso nel 2010 e la NASA lo ha dichiarato ufficialmente morto l’anno scorso. [ Vedi le nuove foto delle sonde di Marte morte]Nell’immagine MRO, scattata il 29 gennaio, la piattaforma lander di Spirit appare come una caratteristica luminosa in basso a sinistra, a sud-ovest del cratere Bonneville.La fotocamera del MRO Imaging Science Experiment (HiRISE) ad alta risoluzione ha registrato prima le immagini a colori del rover Spirit stesso, ma tutte le foto precedenti della piattaforma lander erano in bianco e nero, secondo i funzionari della NASA.
Dead rover su Marte Spirit e il suo gemello rover Opportunity sono stati originariamente progettati per missioni di tre mesi per cercare segni di attività acquatiche passate su Marte. Entrambi i rover sopravvissero di gran lunga alla loro garanzia, e le missioni fornirono la prova che il Pianeta Rosso era un tempo un posto molto più umido e più caldo. Spirit ha smesso di guidare quando è diventato impantanato nella sabbia nel maggio 2009. Gli scienziati della missione hanno quindi convertito il rover in un osservatorio stazionario e Spirit ha continuato a inviare i dati dalla sua posizione intrappolata. Ma, 10 mesi dopo, il rover si è zittito dopo essere stato incapace di catturare abbastanza luce solare sui suoi pannelli solari nel corso dell’inverno marziano. Tuttavia, Opportunity rimane vivo e vegeto su Marte, e il mese scorso ha celebrato otto straordinari anni sulla superficie del Pianeta Rosso. Dopo un viaggio di tre anni, l’intrepido rover è arrivato al cratere Endeavour largo 22 miglia (22 chilometri) nell’agosto 2011. Il rover ha recentemente scoperto ciò che i ricercatori dicono sia la migliore prova dell’esistenza di acqua liquida sull’antico Marte.

A sinistra la sonda Phoenix Mars Lander e a destra la piattaforma di atterraggio del rover Spirit

Il Mars Reconnaissance Orbiter continua ad avere una prolifica carriera in orbita attorno al Pianeta Rosso. La sonda ha completato l’immissione in orbita il 10 marzo 2006 ed attualmente la sua missione è stata estesa. L’orbiter continua a fornire preziose informazioni sull’antico ambiente marziano e su come processi come: il vento, gli impatti dei meteoriti e le gelate stagionali continuano a influenzare la superficie di Marte.
MRO ha trasmesso più dati sulla Terra rispetto a tutte le altre missioni interplanetarie messe insieme.

Fonte: Space.com
Link: https://www.space.com/14526-dead-mars-spacecraft-photos-spirit-phoenix.html 

Space X sempre più vicina al test di volo della sua astronave Starship

Il prototipo Starship SN04 durante il test criogenico
Credit: NASASpaceflight/BocaChicagal

Il programma spaziale della SpaceX rischia di produrre mezzi di trasporto spaziale che supereranno, come prestazioni, quelli di qualsiasi agenzia spaziale governativa, NASA compresa.
Il veicolo completamente recuperabile e riutilizzabile sognato da Elon Musk, lo Starship, sarà la soluzione finale (almeno per un certo periodo) per il trasporto passeggeri nello spazio.
Lo “spazio” inteso da Musk non è solo la Stazione Spaziale, cioè l’orbita bassa terrestre. No! Starship è (sarà) un veicolo studiato per portare passeggeri, tanti, sulla Luna e su Marte e, perché no, anche da un continente all’altro in poco più di un’ora.
Lui usa un metodo collaudatissimo e vincente per portare avanti i suoi progetti innovativi: un passo alla volta, piano piano (ma poi neanche tanto). Fa errori, li capisce, rimedia modificando il progetto e poi avanti con il prossimo passo. È così via fino all’obiettivo. È stato cosi, se vi ricordate, con il recupero del primo stadio dei Falcon. All’inizio tanti fallimenti e poi… ora non fa più notizia, ma resta a tutti gli effetti, l’unico lanciatore orbitale al mondo in esercizio ad essere recuperabile.
Con lo Starship, sarà la stessa cosa. Lo abbiamo visto “scoppiare” sul sito di prova già diverse volte. Poi lo vedremo fare un balzetto per aria a 150 metri di quota. Dopodiché ce lo troveremo pieno di gente che va su Marte. Beh… forse è ancora presto, ma non mi stupirei se arrivasse ad essere pronto prima lui degli altri (per altri intendo il resto del mondo) per questa missione marziana.

Nell’immagine il prototipo ridotto di SN02 durante il test criogenico.
Credit: NASASpaceflight/BocaChicagal

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Andiamo a vivere sulla Luna o su Marte?

Prima di tutto, Buona Pasqua!
La voglia di evadere è tanta, ma dobbiamo stare in casa. Spero di aiutarvi con queste considerazioni.
Il titolo di oggi è evidentemente una provocazione: meglio restare qui sulla Terra e mettersi in testa che è una sola e che la dobbiamo preservare.
Credo e spero che questa pandemia di positivo ci lasci una visione diversa del nostro futuro. Un futuro consapevole, equilibrato e sostenibile. Quello di prima non lo era. Non so come sarà, ma sara diverso!
Mi è venuta in mente questa provocazione perché, andando a fare la spesa in questi giorni di Covid-19, si vedono immagini surreali. Aria pulita, pochissima gente in giro e quei pochi che si vedono hanno tutti una mascherina sul viso. Certo che su Marte la “mascherina” sarebbe un tantino più pesante e sarebbe accompagnata da una robusta tuta termica. Però sulla Luna e su Marte i “coloni” dovrebbero restare il più possibile “in casa”, un po’ come facciamo noi adesso. Si esce solo per necessità, su un mezzo protetto (le nostre auto hanno aria condizionata e riscaldamento come i mezzi che scorrazzeranno su Marte) ed a trazione elettrica (io l’auto elettrica già ce l’ho anche qui sulla terra).
Un mondo ancora lontano ma che si sta avvicinando a grandi passi.
L’obiettivo dell’industria aerospaziale di oggi è quelle di studiare e sperimentare soluzioni tese realizzare colonie stabili, abitate ed operative al di fuori della Terra, portando da casa la minore quantità di merce possibile. Portare un KG di qualsiasi cosa nello spazio oggi costa parecchio: $20.000 in orbita bassa e $100.000 sulla Luna.
Quindi meno ne porti e meglio è. Bisogna tentare di sfruttare al massimo le risorse locali per produrre: materiale da costruzione; carburante per i razzi; energia e acqua. Sono queste le quattro voci che incidono parecchio sui costi di mantenimento di una colonia lunare. Componenti fondamentali che però oggi hanno già avuto risposte positive, almeno sulla Luna. L’acqua si trova in abbondanza, sotto forma di ghiaccio, all’interno dei crateri ai poli lunari.
Con l’acqua e l’energia dai pannelli solari si può ricavare idrogeno ed ossigeno, indispensabili per creare combustibili per razzi ed aria da respirare. L’ossigeno poi si può ricavare anche dalla stessa regolite di superficie senza dover “consumare” della preziosissima acqua.
L’articolo che vi propongo oggi riguarda la ricerca avanzata per usare la regolite come materiale da costruzione e l’urina umana come collante.
Si avete capito bene: urina! Non spaventatevi. Noi qui sulla Terra, senza dover andare nella stazione spaziale (ISS), già siamo sottoposti a questo processo: la pipi di oggi, di chiunque di noi, servirà a produrre la tazza di tè che berremo domani.
È un processo lungo ma inevitabile. Sulla Terra impiega decenni o secoli, mentre sulla ISS il ciclo si chiude in pochi giorni, ma alla fine l’urina diventa acqua potabile. Quindi se in futuro la useremo anche per tenere legati dei polimeri in una specie di “igloo” lunare, non sarà di certo un problema.

Rappresentazione artistica di un robot lunare mentre stampa in 3D la copertura di una cupola. Credit: ESA.

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