Uno studio italiano su Ganimede riporta una stima di 105-130Km di spessore di ghiaccio che si trova sopra l’oceano di acqua liquida sottostante. Sono stati analizzati migliaia di solchi (grooves) in 4 regioni equatoriali di Ganimede: Uruk Sulcus, Babylon Sulci, Phrygia Sulcus e Mysia Sulci. Tutto questo in attesa della missione europea JUICE che partira’ l’anno prossimo verso le lune di Giove.
E’ dagli anni ’70 del secolo scorso che gli scienziati sospettano di un oceano sotto la superficie ghiacciata di Ganimede e di altri corpi del Sistema Solare esterno (ad esempio Europa, Callisto, ma anche Titano, Encelado, e forse Plutone, Rhea, Titania, Oberon, Tritone, Sedna, e altri ancora) . Ma e’ con le missioni Voyager e soprattutto con la missione Galileo che arrivano le evidenze per 3 dei 4 satelliti medicei di Giove. Il campo magnetico misurato in prossimita’ di Ganimede (come per Europa e Callisto), non puo’ essere generato con un interno del corpo fatto esclusivamente di ghiaccio solido e roccia. Suggerisce invece la presenza di una gigantesca riserva di acqua liquida conduttiva (quindi possibilmente “salata”). Stiamo parlando di quantita’ di acqua liquida enormi: superiore a quella di tutti gli oceani terrestri messi assieme!
Il punto di fusione dei ghiacci e’ significativamente ridotto dalla presenza di sali e/o metano e ammoniaca, che sono entrambi abbondanti in queste parti del Sistema Solare. Un’analisi pubblicata nel 2014, frutto dei dati della sonda Galileo, suggerisce la presenza di diversi strati alternati di ghiaccio e acqua liquida. Lo strato di acqua inferiore sarebbe in contatto col substrato roccioso, cosa importante per la eventuale presenza di condizioni favorevoli all’insorgere della vita. Ulteriori rilevazioni fatte con il telescopio spaziale Hubble (HST) su come si muovono le aurore (frutto del campo magnetico) hanno confermato la presenza di oceani nell’interno di Ganimede, che potrebbero essere i piu’ vasti, in volume, dell’intero Sistema Solare. E ci sono congetture sulla potenziale abitabilita’ di tali oceani da parte della vita.
Ora, la novita’ e’ un articolo pubblicato pochissimi giorni fa, il 4 Gennaio 2021 su planetary and Space Science, che riporta i risultati di una ricerca svolta dal team guidato da Alice Lucchetti, dell’INAF di Padova. Hanno analizzato migliaia di fratture nei ghiacci di Ganimede (letteralmente “into the groove”, come diceva Madonna) in 4 regioni predefinite del satellite di Giove, e hanno calcolato uno spessore della crosta del primo strato di ghiaccio, che va da 105Km a 130Km. Sotto ci sarebbe uno strato composto da acqua liquida, poi forse altri strati alternati di neve di ghiaccio III, acqua, ghiaccio V, acqua, ghiaccio VI, acqua, roccia e infine il nucleo di ferro e nickel, che spiegherebbe il campo magnetico.
Da analisi precedenti si e’ ipotizzata l’interfaccia piu’ profonda acqua-roccia a circa 800Km di profondita’.
Il ghiaccio del primo strato (quello di 105-130Km) e’ ghiaccio di Tipo I. ovvero quello che usiamo per i cocktails e che copre Artide e Antartide sulla Terra, a pressione atmosferica (100kPa). E’ il meno denso di tutti, ed e’, com’e’ noto, piu’ leggero dell’acqua. Ma alle tremende pressioni che ci sono nelle profondita’ di Ganimede, le strutture cristalline del ghiaccio si fanno piu’ compatte, diventando piu’ pesanti dell’acqua, fino ad arrivare al ghiaccio VI che si forma attorno a 1GPa di pressione. (Sono possibili, non su Ganimede, anche forme di ghiaccio ancora piu’ compatto: fino a ghiaccio XI a 1TPa di pressione)
Sulla superficie di Ganimede sono state contate 14707 fratture (grroves), e il team INAF ne ha analizzate 1068 nella regione Uruk Sulcus, 882 in Babylon Sulci, 678 in Phrygia Sulcus, e 987 in Mysia Sulci.
Le fratture piu’ corte (inferiori ai 200Km) dovrebbero essere quelle solo superficiali, mentre qulle piu’ lunghe dovrebbero essere quelle che arrivano fino all’acqua sottostante.
Sono state usate tecniche di analisi statistica sviluppate e validate sul nostro pianeta, per ottenere la massima profondita’ alla quale le fratture si propagano. Oltre alla stima dello spessore del ghiaccio, e’ stato anche trovato che le fratture che spaccano il primo strato di ghiaccio in profondita’ sono quelle che si trovano fra le zone scure e quelle chiare di Ganimede. La stratificazione di Ganimede provoca anche fenomeni strani, come le nevicate verso l’alto, neve che potrebbe fondere prima di raggiungere lo strato di ghiaccio sovrastante, lasciando uno strato intermedio di neve flottante semi-sciolta. Questa struttura a strati di un sandwich mi ricorda i shell-worlds del romanzo di fantascienza “Matter” di Iain M. Banks (gli stessi romanzi da cui Elon Musk ha preso i nomi della piattaforme dei Falcon 9, come “Of course I still love you”, and “Just read the instructions”).
Ma torniamo alla scienza. Questi risultati di INAF sono importanti per la prossima missione europea JUICE (JUpiter ICy moons Explorer), ovvero la prima missione ESA in grande scala, parte del Programma 2015-2025. Verra’ lanciata il prossimo anno, arrivera’ in orbita attorno a Giove nel 2029, e poi spendera’ almeno 3 anni facendo dettagliate osservazioni dei 3 satelliti Ganimede, Callisto, Europa.
La sonda e’ ad uno stadio avanzato di sviluppo, con l’assemblaggio iniziato a fine 2019 e continuato durante tutto il 2020, nonostante la pandemia, presso Friedrichshafen in Germania. A Ottobre 2020 sono anche arrivati i ben 10 giganteschi pannelli solari. La sonda necessita infatti di una grande superficie di pannelli a causa dell’enorme distanza dal Sole. Le sonde Voyager 1, 2, Pioneer 10, 11 e la New Horizons, ad esempio, non avevano pannelli siccome potevano contare sull’affidabile e duraturo RTG (Radioisotope Thermoelectric Generator) al Plutonio, mentre la sonda americana Juno, tuttora attiva in orbita sempre attorno a Giove, ha anch’essa giganteschi pannelli solari, siccome la singola partita di RTG fabbricati decenni fa si era esaurita (ma niente paura: ora ne sono stati fabbricati altri, ad esempio per le missioni marziane Curiosity e Perseverance, grazie ad altro Plutonio 238 procurato dal US Department of Defense).
Nelle prossime settimane la sonda JUICE verra’ portata al ESTEC (ESA Space Technology & Research Centre) a Noordwijk nei Paesi Bassi, dove verra’ testata e calibrata. In parallelo e’ in corso l’engineering model testing a Tolosa in Francia e comandato dall’ESOC situato a Darmstadt, Germania. Alcuni strumenti sono forniti dalla NASA, come il Ultraviolet Spectrograph (UVS), che e’ appena arrivato in Germania dalla SRI di San Antonio, Texas. Un vero e proprio international effort!
Davide Borghi
Bibliografia:
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0032063320303536
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0019103506002016